PRIMIS - La tutela delle minoranze linguistiche nell’ordinamento UE

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L’Unione federale delle nazionalità europee (FUEN) stima che in Europa vi siano oltre quaranta milioni di persone appartenenti ad almeno 400 minoranze linguistiche autoctone; un cittadino europeo su sette parla una delle circa 60 lingue minoritarie regionali.

Il tema della tutela delle minoranze linguistiche o nazionali assume di conseguenza una rilevanza sociale e culturale che tuttavia, sino al Trattato di Lisbona (2009), il quadro normativo comunitario ha per lo più operato in termini di salvaguardia e di non discriminazione delle minoranze su base etnica piuttosto che affrontare la questione dei diritti delle minoranze. Le disposizioni contenute nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) e successivamente nel Trattato di Roma (1957) si limitavano a fare riferimento alle libertà e ai diritti della persona e dei gruppi sociali e al regime linguistico delle istituzioni.

Una maggiore attenzione al problema è stata dedicata dal Parlamento europeo cui si devono, a partire dagli anni ’80 una serie di iniziative. Nel 1981, con l’adozione della Risoluzione Arfé viene chiesta l'adozione di una carta comunitaria che protegga le lingue e le culture regionali delle minoranze etniche. Successivamente, la Risoluzione Kuijpers (1987) riguarda l’uso delle sulle lingue e le culture delle minoranze regionali ed etniche, mentre la Risoluzione Killilea (1994) sollevava l’attenzione sulla protezione delle lingue e delle culture “meno diffuse” in Europa.

La necessità di procedere in direzione di una piena attuazione nel campo della “dimensione umana” in termini di diritti collettivi è stato evidenziato anche dal Documento della riunione di Copenhagen della Conferenza sulla dimensione umana della CSCE del 29 giugno 1990.

Nel 1991 viene presentato al Consiglio d'Europa un progetto di Convenzione europea sulla protezione delle minoranze e nello specifico sulla nozione di "minoranza etnica" applicata alle minoranze autoctone, che sarà però adottato solo nel 1995.

La Carta europea per le lingue regionali o minoritarie emanata dal Consiglio d'Europa nel 1992 rappresenta un rilevante passo avanti nella percezione sinora avuta della questione delle lingue in Europa. Essa esplicita che le lingue non siano più da annoverare in maniera generica tra i diritti da riconoscere alle minoranze, ma che debbano godere di diritti specifici (all'insegnamento, alla giustizia, nei servizi pubblici, nei mezzi di comunicazione, nelle attività culturali e negli scambi transfrontalieri). Tuttavia, essendo emanata da un'organizzazione internazionale, la ratifica della Carta riguarda solo i singoli stati che aderiscono al Consiglio d'Europa.

Nel frattempo, la crescente rilevanza del riconoscimento della tutela dei diritti delle minoranze linguistiche ed etniche in Europa è stata confermata dal suo inserimento nel 1993 nei cosiddetti criteri di Copenhagen adottati dalla Consiglio d’Europa, come uno dei requisiti “politici” nel processo di Adesione all’UE per i nuovi membri.

Del resto, la delicatezza del problema è stata aggravata dall’azione di disintegrazione degli stati multinazionali sin dai primi anni ’90 che ha posto anche la questione dell’adeguatezza del trattamento delle minoranze in aree eterogenee. Ciò è stato pienamente percepito dall’Iniziativa centroeuropea InCE-CEI che se n’è occupata direttamente nel 1994 attraverso gli Strumenti per la protezione dei diritti delle minoranze; un documento la cui redazione, di fatto, si è sviluppata in parallelo con i lavori del Consiglio d’Europa per la Convenzione quadro europea sulla protezione delle minoranze approvata nel 1995.

Un fattore nuovo ha rappresentato la forza legale contenuta dalla Carta dei diritti fondamentali (adottata nel 2000), che contiene in particolare due articoli che vietano la discriminazione fondata sulla lingua e impone il rispetto della diversità linguistica. Questi diritti sono stati ripresi nel Trattato dell'Unione europea (2012), introducendoli fra i valori dell’Unione.

Nel 2013 è stato promosso dal FUEN il Minority Safepack – One million Signatures for Diversity in Europe, quale Iniziativa dei cittadini europei - strumento di democrazia partecipativa. Con esso sono proposte una serie di atti legislativi tesi alla tutela delle persone appartenenti a minoranze nazionali e linguistiche e al rafforzamento della diversità culturale e linguistica nell’Unione, includendo anche disposizioni in materia di aiuti di stato. L’iniziativa, riconosciuta dalla Commissione europea solo nel 2017, è stata presentata alla CE a inizio 2020 una volta raccolti 1,1 milioni di firme, in attesa che questa decida se il procedimento può essere trasformato in un iter legislativo.

A supporto di questa azione, nell’ambito del Parlamento europeo, è stato recentemente istituito un nuovo gruppo interpartitico di deputati con l’obiettivo di sostenere l'azione del Minority SafePack a salvaguardia dei diritti delle minoranze.

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