Le malattie cardiovascolari sono una causa molto frequente di grave deterioramento della qualità della vita e, purtroppo, molte volte anche causa di morte. Un riconoscimento precoce dei segni di infarto e una diagnosi rapida consentono un intervento medico tempestivo, che può ridurre notevolmente le conseguenze a lungo termine ed eventualmente prevenire l'arresto cardiaco. Rhazes è un'azienda che lavora per affrontare questa sfida, sviluppando innovative nanostrutture.
L'azienda si è rivolta al progetto NANO-REGION, finanziato dal Programma Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020, per affrontare un problema relativo alle prestazioni dei biosensori: nanostrutture di carbonio ed elettrodi d'oro rivestiti con uno strato proteico, che fungono da sensore per marcatori di infarto. Alla rete di NANO-REGION è stato chiesto di visualizzare quali proteine sono presenti nel top coat e di mettere in relazione con le prestazioni del sensore. I test fatti su diversi elettrodi di uguale fattura, prodotti con la stessa procedura e con lo stesso rivestimento, hanno mostrato prestazioni diverse, il che compromette la riproducibilità della risposta del sensore. Per capire il motivo di ciò, è stata utilizzata una tecnica di identificazione adatta a visualizzare la proteina assemblata sull'elettrodo per valutare la qualità del rivestimento.
La microscopia a epifluorescenza ha effettivamente evidenziato importanti informazioni sulle caratteristiche di rivestimento dei campioni. In generale, per gli elettrodi nanostrutturati di carbonio il segnale è stato osservato essere basso e poco diffuso, mentre gli elettrodi d'oro hanno fornito un segnale di fluorescenza più elevato e diffuso rispetto a quello osservato per le nanostrutture di carbonio, ma non ancora del tutto uniforme.
Uno strumento chiave della nanotecnologia per analizzare la superficie degli elettrodi è rappresentato dalla Microscopia a Forza Atomica, che, in questo caso, è stata utilizzata per dimostrare che la rugosità superficiale degli elettrodi d'oro può variare notevolmente a seconda della loro diversa preparazione e questo potrebbe essere uno dei possibili fonti di variabilità nel rivestimento proteico. All'azienda sono state fornite informazioni secondo le quali probabilmente una ridotta rugosità superficiale può aiutare a controllare meglio le prestazioni dei biosensori.